Da anni ormai nelle nostre comunità si pongono sfide sempre più urgenti e delicate. Tra queste le sempre più diffuse situazioni di fragilità e di crisi dei legami familiari verso cui siamo interpellati e, credo, sulle quali si verifica l’efficacia e l’autenticità della nostra azione pastorale.

Senza qui voler descrivere o analizzare questo complesso fenomeno, impressiona però la rapidità con cui si presenta rispetto alla lentezza con la quale le nostre comunità accolgono l’esigenza di cambiamento pastorale ribadita con forza dai nostri Vescovi. In effetti, a mio parere, la questione è questa!

Le chiese particolari molto spesso traducono l’appello lanciato dalla fragilità delle relazioni familiari soprattutto come un appello ad adottare misure speciali e magari innovative. Non si è ancora purtroppo giunti alla consapevolezza che questo fenomeno mette in crisi radicalmente l’intera impostazione pastorale e che dunque solo una risposta pastorale globale può fronteggiarlo adeguatamente.


Nelle nostre comunità raramente vi è una vera e propria pastorale familiare quanto piuttosto un’attenzione ad alcuni momenti o problemi della vita familiare, senza continuità e unitarietà. Basti pensare all’imponente azione catechetica intorno all’iniziazione cristiana e invece ai deboli e sporadici interventi nell’evangelizzare il tempo dell’innamoramento, la sproporzione tra la cura pastorale del periodo precedente al matrimonio e quella nei primi anni della vita familiare, la dedizione ad accompagnare i genitori verso il Battesimo dei loro figli e la nostra lontananza durante la sfida dell’adolescenza o dei compiti educativi, l’accoglienza nella comunità quando tutto va bene e l’abbandono nei momenti del bisogno, quando il matrimonio vacilla o davanti al fallimento.

Sembra che ciascuna di queste stagioni sia completamente staccata dall’altra. Può darsi che lo sia per la pastorale ma certamente non lo è per la famiglia, dove ogni tappa non può prescindere dall’altra e può pregiudicare invece l’intero cammino sponsale. Il rinnovamento pastorale dunque entro il quale può avvenire una risposta efficace alle sfide della vita familiare coincide allora con il rinnovamento dell’intera pastorale in chiave familiare. In altre parole urge porre la famiglia al centro della nostra azione pastorale, la famiglia come oggetto ma anche come risorsa privilegiata, nonostante le sue fragilità, per costruire e organizzare il futuro e la speranza che lo Sposo divino è venuto a consegnarci. Se solo comprendessimo e valorizzassimo i piccoli segni di santità feriale che molte nostre famiglie “normali” testimoniano nel nascondimento e senza neppure rendersene conto, il Vangelo raggiungerebbe davvero “i confini della terra”. 

Fermo restando questo sforzo dunque ordinario e dentro una pastorale tutta nuova e tutta intorno alla famiglia, si possono progettare allora diverse iniziative per costruire cammini di speranza, alcune delle quali sono già sperimentate efficacemente e molte altre lo Spirito sta suscitando con abbondanza nelle nostre comunità.

1) Anzitutto determinante è la carità pastorale del presbitero che è chiamato non tanto a fare molte cose ma a manifestare in tutto il suo servizio (particolarmente nelle relazioni umane) la tenerezza del Cuore di Cristo. Presbiteri dunque accoglienti e accompagnatori, presbiteri umili che si mettono in gioco affiancati armonicamente da corresponsabilità laicali e particolarmente da coppie consacrate da uno speciale Sacramento, che è il Matrimonio, per servire la chiesa e il mondo.

2) Un cammino di tipo catecumenale che susciti fede e la sorregga durante il fidanzamento, che metta in crisi e ponga di fronte alla scelta della “via stretta”, capace dunque di generare, in chiave vocazionale, un vero incontro con il Cristo Risorto, con la sua Parola e i Segni sacramentali della sua vita donata con cui arricchisce, nella fedeltà, e rende bella la Chiesa sua Sposa.

3) Una celebrazione del Matrimonio che è essa stessa annuncio e testimonianza dell’Amore con la “A” maiuscola dove la Comunità è coinvolta e partecipe attivamente, dove confluisca e venga valorizzata tutta la ricchezza teologica del Nuovo Rito del Matrimonio, che diventi orizzonte ispirante dell’intera vita familiare e costante memoriale per rafforzare o ritrovare la freschezza dell’amore provato o perduto.

4) Diventa essenziale a questo punto la partecipazione della giovane coppia, con i suoi propri ritmi e le sue modalità, alla vita della comunità, così come è indispensabile che la comunità stia accanto alla famiglia in questo tempo bellissimo ma delicatissimo, proprio quando l’esperienza dell’amore sponsale va tradotta nella vita di ogni giorno e dove si pongono le fondamenta della propria casa da costruire “sulla roccia”. Il legame con la comunità e il tenore spirituale della propria scelta vanno assolutamente mantenuti ad ogni costo e con ogni mezzo. In questo è particolarmente necessaria la disponibilità del sacerdote nella direzione spirituale di coppia e spendere tempo per questo costituisce la forma più efficace di prevenzione che deve diventare sempre più un’esigenza primaria.

5) Occorre aiutare la giovane coppia a riscoprire la sua soggettività ed il suo indispensabile ministero che certamente raggiunge l’apice nella genitorialità. Qui la vita dev’essere accolta, pur nella sua fragilità e a volte problematicità, come un dono sacro. La sacralità del momento e del compito straordinario partecipato ai genitori come  “collaboratori del Creatore”, ma anche come sacerdoti della “piccola chiesa” e ministri della Parola per il loro figli, va coronata da gesti liturgici solenni (e non mancano le occasioni: la benedizione delle mamme in attesa, la giornata per la vita, ecc…) ma anche da momenti speciali di catechesi (pre-parto, post-parto e post-battesimo), senza ridurre tutto alla sola  preparazione del Battesimo.

6) Più le famiglie riscoprono la loro vocazione e missione, ma anche la preziosità del sacramento che hanno ricevuto più saranno pronte a vivere il loro apostolato come soggetti sociali e come protagonisti dell’azione pastorale della Chiesa. Sorgeranno spontaneamente delle disponibilità al servizio che occorre valorizzare con equilibrio e gratitudine, mentre la comunità affianca i genitori nella crescita dei loro figli. La parrocchia diviene dunque sempre più una “famiglia di famiglie” e questa forma ecclesiale è l’unica che consente di accogliere, contenere e sostenere le famiglie più fragili o patologiche.

7) Le situazioni di fragilità familiare devono essere affrontate senza pregiudizi e con la maggiore accoglienza possibile. Dovremmo essere capaci di andare incontro a queste situazioni, individuandole e facendoci “prossimi”, piuttosto che attendere passivamente di essere richiesti. D’altra parte è proprio quando si è più in difficoltà che ci si sente come abbandonati da Dio e giudicati dai fratelli. Il pudore da un lato e la chiusura nel dolore dall’altro creano distanza e sospetto per chi è nel bisogno ma anche a volte gettano la comunità nell’indifferenza. La solitudine molto spesso dunque è causa e conseguenza di tanti risvolti negativi, se non addirittura tragici, dei fisiologici momenti di crisi coniugale e familiare. Sicuramente occorre operare in stretta collaborazione con i servizi sociali territoriali, la scuola e soprattutto con i consultori di ispirazione cristiana, ma occorre anche investire in momenti di prolungato e profondo ascolto, in strumenti di sostegno alla coppia e alla persona, in percorsi di prevenzione e di accompagnamento pastorale con particolare cura per i minori coinvolti nella crisi, in cammini di speranza per i coniugi abbandonati e fedeli. La parrocchia può e deve “far sentire di casa chiunque abbia un dolore”… e perché abdicare proprio di fronte alle situazioni familiari difficili? Le famiglie più vitali della comunità possono esercitare tutta la fecondità del loro ministero soprattutto nella testimonianza di fede e carità verso queste situazioni, aprendo temporaneamente la loro casa ai minori in fase di crisi o di separazione cruenta, invitando i separati e i divorziati ad inserirsi maggiormente nella vita della comunità (gruppi adulti e famiglie, animazione liturgica, cammini di preparazione al matrimonio, volontariato, ecc…) per essere sorretti e per dare la loro preziosa testimonianza di amori crocifissi ma fedeli, sensibilizzando tutta la comunità all’accoglienza e alla preghiera per sprigionare perdono e riconciliazione.


Concludo senza concludere perché non si esaurisce certo in poche battute la necessaria consapevolezza e la fecondità dell’impegno che davanti a noi si apre in questo tempo insieme drammatico e stupendo della nostra storia; solo la certezza che se avessimo fede “quanto un granello di senapa…” cioè è una questione di fede! Ci crediamo davvero? Crediamo davvero al Vangelo del Matrimonio e della famiglia? Se ci crediamo davvero i miracoli ci saranno, e non per i nostri meriti ma perché il Signore “trasfigurerà l’opera che ha iniziato”… anche attraverso il nostro piccolo ma prezioso servizio.

 

Ultimo aggiornamento ( Domenica 16 Agosto 2009 04:01 )