- Ambone
Ilario di Poitier afferma: “Alla mensa del Signore riceviamo in nutrimento il pane della vita, ma alla mensa delle letture domenicali siamo nutriti dalla dottrina del Signore”.
Ricordando il posto che occupa la Parola di Dio nella celebrazione, questo testo fa sentire l’importanza che deve avere il luogo da cui viene proclamata: è la mensa imbandita per nutrire l’assemblea.
Il luogo da cui si proclama la Parola fu detto “ambone”, da anabáinein = salire, o perché cinge chi ci entra (ambio) o perché ha scala a due lati (ambo).
L’ambone è stato definito, come l’altare, “icona spaziale della Risurrezione”, il segno del “sepolcro vuoto” da cui risuona di continuo, per noi, la Parola della vita nella proclamazione fatta dagli angeli della Risurrezione: lettore, diacono (Vangelo), presidente (Omelia).
L’antenato biblico del nostro ambone attuale è la tribuna di legno che Esdra fece costruire per la lettura solenne della Legge, in occasione della festa dei Tabernacoli verso il 445 a.C. Da quella data, la tribuna di Esdra si è sempre più avvicinata al nostro ambone.
L’importanza della Sacra Scrittura affermata dal Vaticano II si allarga inevitabilmente al luogo da dove essa è proclamata. A tale proposito, nell’introduzione all’ordinamento delle Letture della Messa, si chiede che il luogo della Parola risponda alla dignità della Parola di Dio e richiami il rapporto con l’altare. Deve essere evidente che nella Messa viene preparata la mensa della Parola di Dio e del Corpo di Cristo. Infatti l’ambone ha uguale dignità e importanza dell’altare, l’uno richiama l’altro in quanto il Verbo annunciato dall’ambone si fa ‘carne’ sull’altare. E’ questa la realtà che permette alla Chiesa di parlare di “due mense” della Parola e dell’Eucaristia.
- Ambone come luogo della Parola, non delle parole.
Solo le letture bibliche hanno luogo all’ambone unitamente al Salmo responsoriale e al preconio pasquale. Si possono proferire dall’ambone l’omelia e la preghiera dei fedeli, data la strettissima relazione di queste parti con tutta la Liturgia della Parola. Il commentatore, il cantore, l’animatore del canto o qualsiasi altra figura, non trovano eco all’ambone, ma presso un leggio ordinario che non sia copia dell’ambone.
Poiché il luogo proprio della proclamazione della Parola si diversifica architettonicamente dal resto, deve essere concepito come uno spazio sopraelevato, stabile, decoroso, sobriamente ornato. Questo luogo non può essere sostituito, salvo il depauperamento sia della stima che della venerazione della Parola, da un leggio movibile e traballante.
Sarebbe auspicabile che ogni ambone proclamasse, col suo solo splendore, che esso è il luogo da dove Dio continua a parlare al suo popolo.
- Sede del Celebrante
La liturgia conosce un secondo luogo della liturgia della Parola: il seggio di colui che presiede. La sede è il luogo segno della Presenza di cristo Capo, incarnata dal Presidente della Celebrazione in dialogo conj l’assemblea.
Il sacerdote celebrante deve mostrare il compito che egli ha di presiedere l’assemblea e di guidare la preghiera. Fra i segni della presenza reale del Signore vi è certamente la persona di colui che presiede l’assemblea celebrante. Le passate generazioni di cristiani sembrano essere state più sensibili di oggi a questo aspetto del mistero liturgico che si incarna meglio in una persona o nelle persone che non in un luogo o in un oggetto di culto, fosse anche l’altare stesso.
Il seggio di colui che presiede non è allora un simbolismo arbitrario. A questo luogo l’assemblea converge con l’attenzione in quei momenti in cui è previsto che la celebrazione si svolga presso la sede del celebrante, perché guardare a questo ministro ordinato è guardare a Cristo, riconosciuto presente in mezzo ai suoi.
Per esercitare questo atto di fede e di culto, l’assemblea deve poter fare riferimento al segno: deve essere manifesto e questo deve esprimere il suo valore perché sia colto nel suo significato.