Paola, 27 marzo 1416 - Plessis-les-Tours, 2 aprile 1507

Beatificato dal Sommo Pontefice Leone X nel 1513
e canonizzato dallo stesso nel 1519

Nel 1943 il Sommo Pontefice Pio XII lo proclamò
Protettore della Gente di mare

Uno dei Santi maggiormente legati al mistero di Cristo è sicuramente San Francesco da Paola, considerato anche il più grande carismatico del XV secolo.

Nacque da Giacomo Martolilla e Vienna da Fuscaldo, i quali implorarono l’ausilio del poverello di Assisi per avere un figlio; così alla sua nascita lo chiamarono Francesco. Da bambino contrasse una grave forma di infezione ad un occhio che si estese in profondità fino alla cornea, la madre fece voto al Santo d’Assisi, promettendo di vestirlo, per un anno, con l’abito dei Francescani qualora fosse guarito.

Il voto si compì e, all’età di 13 anni, varcò la soglia del Convento di San Marco Argentano e già stupiva i frati per i continui digiuni, per le rigide pratiche di mortificazione, come ad esempio il fatto di dormire a terra e per l’intensità della preghiera. Il suo modo di pregare era così penitente e intenso, tanto da spingerlo a farlo in luoghi angusti come quelli scavati nelle rocce.

Si parlava già di prodigi all’interno del convento: un episodio narrato dai frati fu quello secondo cui, Francesco, una volta dimenticatosi di mettere le carbonelle accese nel turibolo dell’incenso, le andò a prendere senza recipiente e le appoggiò sulla tonaca senza che questa si bruciasse.

Trascorso l’anno del voto volle tornare a Paola e, con i genitori, intraprese un pellegrinaggio ad Assisi da San Francesco convinto che quel viaggio gli avrebbe indicato la strada per il futuro; nella tappa di Roma accadde un episodio che evidenziò ancora una volta la purezza del suo amore nei confronti di Dio: incrociò una carrozza che trasportava un cardinale e lo ammonì per il tanto sfarzo ostentato, che egli ritenne contrario al messaggio di Gesù.

Fu il Santo della carità, dell’umiltà, della povertà ma soprattutto della penitenza; tornato a Paola, in spirito di mortificazione e per acuire la sua penitenza, trovò una piccola grotta umida, vi pose una pietra come sedia e come cuscino per la notte e lì si stabilì. Ben presto, attratti dalla vita di penitenza e di umiltà del frate, tre giovani si unirono a lui e cominciarono a vivere nelle piccole celle ricavate da Francesco nella roccia; in seguito se ne aggiunsero altri nove e furono chiamati i Frati Romitani: nacque così il Proto-Convento di Paola. L’ordine che pian piano si svilupperà verrà chiamato Ordine dei Minimi.

La storia originale della Regola dei Minimi, si salda con la storia dell’evoluzione del carisma del Santo: all’interno della Chiesa quest’ordine si distingue infatti per la particolarità del carisma penitenziale, quello della vita quaresimale, e si pone, in modo del tutto originale, come punto d’unione tra la vita monastica e quella degli Ordini mendicanti. Possiamo dire che San Francesco era la regola stessa, infatti riusciva a tenere in mano l’ordine cercando in tutti i modi, soprattutto parlando ripetutamente ai frati, di essere fedele al genere di vita che aveva proposto nella regola. Lo fece quando era in pieno possesso delle sue forze fisiche e mentali, ma la sua determinazione si rafforzò nell’ultima fase della sua vita. La malattia lo colse la Domenica delle Palme, il Giovedì Santo chiamò tutti i religiosi del convento esortandoli ad osservare la regola, alla carità scambievole e soprattutto all’osservanza del voto quaresimale.

Mentre parlava, il supporto dove poggiava il braciere prese fuoco e per evitare l’incendio Francesco prese il braciere tra le mani e disse: “Come io posso tenere in mano questo braciere senza bruciarmi, così voi potrete osservare quello che vi propongo nella regola, se amate veramente Dio”.

Come elementi caratterizzanti del suo carisma, Francesco non propose soltanto l’astinenza, bensì l’intero patrimonio spirituale che la Chiesa vive nel tempo liturgico della Quaresima, quindi anche la dimensione della contemplazione e della carità. Noi potremmo ritenere mortificanti le scelte da lui fatte ed effettivamente le stesse prevedono uno stile di vita piuttosto rigido, ma, d’altra parte, queste non rappresentano un rifiuto della gioia di vivere bensì l’affermazione dell’importanza dei valori spirituali su quelli materiali.


Proprio grazie a questo cammino di purificazione che lo slega da vincoli temporali e culturali si presenta a noi come nostro contemporaneo, infatti la spiritualità quaresimale, da lui rappresentata, non è altro che la capacità di farsi carico delle sofferenze altrui, quelle sofferenze dell’uomo che vive nelle più svariate povertà.

L’epoca consumistica di oggi, in cui i valori evangelici stanno scomparendo, rende l’uomo ancora più bisognoso di Dio. Francesco capì la povertà della gente, sia quella materiale che quella spirituale e la sua opera di apostolato iniziò a Paola dove, con l’aiuto di Dio, compì molti prodigi, alcuni dei quali avvennero proprio nell’ambiente del convento. Ne sono esempi quegli eventi prodigiosi che riguardano la fornace; mentre gli operai lavoravano alla costruzione del convento si accorsero che il tetto della fornace dove venivano preparati i mattoni stava crollando. Avvertirono subito Francesco il quale entrò nella fornace in fiamme e la riparò uscendone illeso. Gli stessi operai avendo fame, un giorno mangiarono l’agnellino Martinello, a cui il frate era molto legato, e ne gettarono le ossa nel fuoco; con grande stupore assistettero alla scena nella quale il frate pronunciò il nome dell’agnellino e questo ne uscì miracolosamente indenne dalle fiamme.

Altro episodio che desta il nostro interesse è quello che si riferisce alla Fonte della “Cucchiarella” chiamata così per l’usanza di prendere l’acqua con un cucchiaio. Questa fonte è stata fatta sgorgare miracolosamente dal Santo per dissetare gli operai che lavoravano al santuario. Non dobbiamo però considerare questo miracolo soltanto come tale; L’acqua infatti, insieme alla cenere, è il simbolo quaresimale più importante: segno di cambiamento, di purificazione e di servizio.

Partendo dalla fonte della “Cucchiarella”, attraverso un viottollo, si arriva al ponte del diavolo; la tradizione vuole che il demonio stesso costruì questo ponte per ordine del Santo e chiese in cambio l’anima della prima persona che l’avesse attraversato. Il frate vi fece passare un cane e il demonio si irritò così tanto da dare un calcio al parapetto di sinistra; sono tutt’oggi evidenti i segni.

Francesco non desiderava confinare il suo operato a Paola, fece aprire diversi conventi ed è appunto sulla strada per Milazzo che operò il miracolo per cui viene ricordato come patrono della gente di mare. Si trovava con due suoi confratelli a dover attraversare lo Stretto e chiese a un pescatore, un tale Pietro Colosa, di poter usufruire della sua barca; costui si rifiutò perché il Santo non poteva pagarlo. Così Francesco, dopo aver invocato l’aiuto del Padre Celeste, legò un bordo del mantello al bastone, vi fece salire sopra i frati e attraversò lo Stretto trasportato dalle onde.

La narrazione di questi episodi significativi della vita del Santo, mette in evidenza che tutta la sua vita è stata un atto profondo di adorazione e sottomissione a Dio e ai suoi insegnamenti, opera di apostolato, di testimonianza, di vicinanza alla gente, ma soprattutto imitazione della bellezza divina.

Poco prima di spirare pronunciò l’ultima preghiera: “O Signore Gesù Cristo, buon pastore delle anime nostre, conserva i giusti, converti i peccatori, porta in cielo le anime dei defunti, sii propizio a me miserabilissimo peccatore”.

Matalone Tania, Francesca Siclari

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Ultimo aggiornamento ( Martedì 25 Agosto 2009 06:34 )