Del presente articolo è autore o curatore il dott. Rocco Panuccio, cultore di storia locale ed esperto in beni storico-artistici e culturali. Ogni riproduzione, anche parziale (citazione diretta), è vietata senza espressa autorizzazione ed ogni utilizzo di notizie (citazione indiretta) senza citarne la fonte costituisce condotta sleale e grave disonestà intellettuale.
La mensa eucaristica - vero tesoro della tarsia marmorea – è composta da tre pannelli in marmi policromi appartenuti all’antico convento dei Padri Osservanti (della cui esistenza testimonia il nome della via Orto Monaci dov’era collocato) che, dopo la sua distruzione, causata dalle scosse del 1908, furono riposte nella sacrestia della chiesa di San Rocco. Ricostruita ex novo la chiesa Matrice, furono assemblati al pannello posteriore in marmo giallo con striature nere, con al centro lo stemma Mariano della A sovrapposta alla M (Ave Maria) in alto rilievo che risale, insieme ai quattro angoli, alla data della sua collocazione nell’abside parrocchiale. Il pannello frontale è riccamente decorato con motivi geometrici e floreali lavorati minuziosamente nei più piccoli particolari. I due pannelli laterali, invece, riconducono all’ordine francescano. Infatti, attraverso un gioco di marmi, sono raffigurati, in quello di destra, due braccia incrociate con sullo sfondo una Croce e, in quello di sinistra, una Croce marrone su sfondo nero con, appese alle braccia, due conchiglie in marmo giallo. Entrambi gli stemmi sono racchiusi all’interno di scudi sormontati da diadema.
Ultimo aggiornamento ( Sabato 18 Novembre 2017 21:12 )
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La Vergine Odigitria - chiamata dagli scillesi Madonna della Porta, per via dell’arco arabo-moresco dipinto alle sue spalle (can. Giovanni Minasi) - è attualmente situata all’interno di una nicchia nella Cappella del Ss. Sacramento della chiesa Matrice. La sua storia, però, affonda le radici nel lontano 1400. Il titolo bizantino di Odigitria è traducibile come “Colei che indica la via”. Dagli atti della visita pastorale di mons. Annibale D’Afflitto del 1594 sappiamo che nella chiesa Matrice di Scilla, collocata sull’altare maggiore, era venerata un’Hicona antiqua lignea deorata, in figura Beatae Mariae Virginis de Conceptione. In un altro testo del 1610 l’icona viene descritta come icona magna gloriosissimae Virginis de Conceptione cum cornicibus deauratis et bene compositis. Si trovava ancora presso l’altare maggiore negli anni 1617 e 1635, date delle successive visite pastorali eseguite da mons. D’Afflitto. La sacra icona, la cui esecuzione è attribuita al Maestro di Galatina, rimase sull’altare maggiore fino al XVII secolo, quando venne sostituita dal gruppo scultoreo in marmo. Nel dicembre del 2005, dopo essere rimasta per molti anni presso il Laboratorio di restauro della Soprintendenza PSAE della Calabria, tornò a Scilla e, nel febbraio dell’anno successivo, venne collocata all’interno di una nicchia in tufo. Quest’ultima è stata realizzata dall’artista scillese Francesco Burzomato che l’ha finemente lavorata ispirandosi allo stile bizantino. Ai lati, sussistono due colonne congiunte ad una cornice traforata con motivi floreali e sormontata da due angeli che sorreggono un rosone. Alla base, si trova il prospetto esterno della chiesa distrutta dal terremoto del 1908. L’intera opera è realizzata in alto rilievo. La tavola ha per soggetto la Madonna con Bambino la quale, seduta in Trono, ha alle spalle un arco arabo-moresco. Ai lati, due angeli a figura intera. L’icona, nonostante sia mancante di colore in molte parti, a causa di interventi poco ortodossi compiuti in passato ancor più che di eventi sismici, dopo un certosino restauro a cura della Soprintendenza ai Beni Culturali della Calabria, può essere ammirata in tutto il suo splendore.
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La statua marmorea dell’Immacolata è fra le opere più antiche e prestigiose che compongono il patrimonio artistico della nostra parrocchia. Mons. Vincenzo Zoccali, storico reggino, nel volume “Maria Immacolata nella Teologia nell’Insegnamento di Giovanni Paolo II e nell’Arte” sostiene che a realizzarla sia stato l’artista spagnolo residente a Napoli Giambattista Ortega, retribuito nel 1608 dalla principessa Maria Ruffo per un’ Immagine della Madonna tutta a rilievo de marmo. La statua si trovava sull’altare maggiore della chiesa Matrice ed era affiancata ai due lati da altrettanti angeli - anch’essi in marmo bianco - genuflessi in atto di venerazione. Negli atti relativi alla visita pastorale del 20 maggio 1822 è presente la descrizione del maestoso altare maggiore coronato da otto colonne e sovrastato dal gruppo marmoreo sopra citato. Anche se la mancanza in Maria del peccato originale venne sancita ufficialmente soltanto l’8 dicembre 1854 con la definizione del dogma dell’Immacolata Concezione espressa mediante la bolla Ineffabilis Deus di Pio IX, la Chiesa venera Maria Ss. Immacolata già dall’XI secolo e, dal 1476, la festa viene introdotta nel Calendario romano. Anche il canonico e storico scillese Giovanni Minasi, nel 1889, descrive l’altare maggiore dedicato alla Vergine Immacolata, protettrice della città. Anche il canonico e storico scillese Giovanni Minasi, nel 1889, descrive l’altare maggiore dedicato alla Vergine Immacolata, protettrice della città. Afferma che l’immagine della Vergine, così come quelle dei due angeli posti ai suoi fianchi, sono in marmo bianco. Nonostante gli eventi sismici, l’altare rimase in piedi in tutto il suo splendore fino alla metà degli anni ’50 del XX secolo, durante i quali venne distrutto totalmente l’edificio sacro per ricostruirlo ex novo. La statua venne collocata sulla facciata, dove per più di trent’anni fu vittima dei dannosi effetti dell’inquinamento atmosferico. Nel 1999, in occasione dei lavori di abbellimento artistico della chiesa arcipretale, l’allora arciprete, don Mimmo Marturano, decise, molto sapientemente, di restaurarla e collocarla all’interno dell’edificio, insieme con uno dei due angeli in marmo, rimasto integro. La statua, di grandezza superiore al normale – cosa che lascia immaginare la maestosità che doveva avere l’altare maggiore! – è in marmo bianco e raffigura la Madonna con le fattezze tipiche della Vergine descritta da San Giovanni Apostolo nell’Apocalisse, modello iconografico diffuso in Calabria sin dall’inizio del Seicento. In piedi, sopra il Globo avvolto dalle nubi, su una falce di luna, con le mani giunte e un tenerissimo viso di Madre. In passato era coronata da uno Stellario in argento ed una corona in oro bianco e pietre dure realizzati entrambi nel XVIII secolo, oggetti che ancor oggi fanno parte del patrimonio orafo della parrocchia.
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