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Santa Croce - Origini

Del presente articolo è autore o curatore il dott. Rocco Panuccio, cultore di storia locale ed esperto in beni storico-artistici e culturali. Ogni riproduzione, anche parziale (citazione diretta), è vietata senza espressa autorizzazione ed ogni utilizzo di notizie (citazione indiretta) senza citarne la fonte costituisce condotta sleale e grave disonestà intellettuale.

L'istituzione della parrocchia di Favazzina, oggi aggregata alla chiesa scillese, risale alla fine del '700. Sino ad allora, la chiesa della frazione costiera, è stata una Cappellania Curata alla cui guida nel 1777 era il 1° Rettore, don Giuseppe Paladino. Primo parroco, invece, è stato il sacerdote scillese Francesco Fusco che ricoprì il sacro ufficio dal 1792 al 1829. Gli altri parroci sono stati:
Serafino Bueti (1829-1860)
Rocco Bueti (1860-1900)
Nicola Giunta (1900-1916)


Antonio Bueti (1922-1955)
Rocco Fucà (1956-1968)
Antonino Pignataro (1968-1978)
L'ultimo parroco fu lo scillese Pietro Scopelliti. La parrocchia di Santa Croce, in alcuni periodi è stata retta da sacerdoti non titolari: i cosiddetti economi (Gaetano Pizzarello 1916, Vincenzo Santoro 1916-1922, Giuseppe Zanon 1955-1956).

( Tratto da un testo di Pino D’Amico)

origini della Chiesa

La  prima chiesa di cui si abbia traccia a Favazzina era più simile, in realtà, per le piccole dimensioni, ad una cappella ed era detta chiesa dei Piconieri. Era una chiesetta di campagna, di proprietà privata, appartenente alla famiglia Gullì che aveva fatto costruire per suo comodo e sotto il patronato suo. La chiesetta, ad unica navata, era lunga 56 palmi, larga 40 ed alta 50, ma insufficiente a capire tutto il popolo, come dice lo storico reggino Guarna – Logoteta. In questa chiesetta che – secondo lo storico sopra citato – era dedicata alla Santa Croce, veniva ad officiare di tanto in tanto, e sempre se invitato dalla famiglia Gullì, qualcuno dei sacerdoti o dei religiosi della chiesa di Scilla che allora formava una “Comuneria Recettizia”. Ma i bambini che nascevano a Favazzina, per essere battezzati, dovevano essere portati a Scilla, dove c’era la chiesa parrocchiale; così per la loro prima Comunione e per i matrimoni. Anche i morti venivano allora accompagnati alla chiesa di Scilla ed in quella chiesa interrati, dopo fatti i funerali… Così tutto il resto. Tutto si svolgeva a Scilla, sia per quanto concerneva la parte civile, sia la parte religiosa. Questa situazione durò fino al 1777, quando l’allora Arcivescovo di Reggio Calabria, Mons. Capobianco, ascoltando le continue istanze e lamentele della popolazione favazzinese e le petizioni delle locali autorità sia civili che religiose, e d’intesa con la famiglia Gullì, elevò a Cappellania Curata la chiesa dei Piconieri e vi assegnò come cappellano il sac. Giuseppe Paladino che doveva gestire la chiesa suddetta sempre sotto la diretta dipendenza dell’arciprete di Scilla e solo per amministrare i sacramenti, dato ch’era troppo disagiato l’accedere a Scilla. Questa chiesa dei Piconieri funzionò a Favazzina fino al 5 febbraio 1783, allorchè un immane sisma che sconvolse buona parte del suolo della nostra provincia, rase al suolo, insieme col paesetto, anche la nostra chiesa. Era il 24 febbraio 1792 quando la Cappellania Curata di Favazzina venne elevata a parrocchia e dedicata alla Santa Croce dall’allora Arcivescovo di Reggio Calabria, il domenicano Mons. Alberto Maria Capobianco. Primo parroco della chiesa e comunità di Favazzina è stato il sacerdote don Francesco Fusco. La parrocchia comprese anche la comunità di Solano Superiore fino al 15 giugno 1830 quando un decreto della Curia Metropolitana di Reggio Calabria, distaccava definitivamente le due comunità elevando quella solanese alla dignità di chiesa parrocchiale. Istituita la nuova parrocchia e terminata la costruzione della nuova chiesa, venne solennemente inaugurata dall’allora Arcivescovo di Reggio Calabria, Mons. Alessandro Tommasini. Con molta probabilità, la data dell’inaugurazione deve assegnarsi al 22 agosto 1822, in occasione della visita pastorale a Scilla di Mons. Tommasini. La nuova chiesa, tutta pavimentata in lastroni di pietra lavica proveniente da Siracusa e con l’altare di marmo tratto dai ruderi della vecchia chiesa dei Piconieri ed attaccato al muro in fondo all’abside, si presentava abbastanza bene. Ornavano l’altare dodici candelieri di rame donati nel 1826 alla chiesa insieme ad altri arredi dal pio e benestante gentiluomo Domenico Gullì. Alle pareti laterali erano collocate le statue del Sacro Cuore di Gesù, quella del Sacro Cuore di Maria e quella di San Rocco. In seguito, gli abitanti di Favazzina donarono tovaglie per gli altari, stole, pianete, pissidi, calici ed un ostensorio per l’esposizione eucaristica solenne, tutti in oro ed argento. Vennero donate anche altre statue quali quella di Sant’Antonio da Padova, San Giuseppe e Maria Ss. Assunta. Inoltre, fino al 4 luglio 1916, data dell’incendio che distrusse la chiesa-baracca, costruita dopo il terremoto del 28 dicembre 1908, esisteva un piccolo organo a canne i cui mantici venivano azionati a mano.
 


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